Serie A

Lazio e Nanà, c’eravamo tanto amati

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Incredibile il risvolto mediatico che ha avuto come protagonisti la Lazio e Fernanda Borzuk, in arte Nanà

C’eravamo tanto amati. Finita ancor prima di iniziare la storia d’amore tra la Lazio e Nanà, con un botta e risposta mediatico piccato anziché no. Un mesetto fa appena l’annuncio in grande stile dell’ingaggio da parte del sodalizio biancoceleste, salvo poi doversi arrendere al cospetto del dietrofront della brasiliana, beccata così sul sito ufficiale della Lazio: «Una scelta che scredita in toto la professionalità di una giocatrice sulla quale la società aveva puntato e non poco. Col passare degli anni, delle stagioni e delle finestre di mercato, purtroppo è sempre più facile imbattersi in figure di questo genere: giocatori, dirigenti, membri dello staff che fanno il comodo loro, che pensano che sia tutto uno scherzo, un gioco; sì, corriamo pur sempre dietro a un pallone come quando eravamo ragazzini, ma alle spalle di tutto c’è un’organizzazione, una pianificazione, ci sono investimenti economici, impegni, riunioni, tutto quello che una società di serie A richiede: non è più tollerabile che il tutto venga preso così a cuor leggero, come se si trattasse di organizzare un “calcetto” tra amici. Qui si fa Futsal, si prova a farlo con la maggior professionalità possibile, alla società vengono richiesti sforzi incredibili e dunque, serve rispetto, anche e soprattutto della parola data. Certe persone meglio perderle in partenza piuttosto che coltivare una serpe in seno».

La stessa Nanà, sul suo profilo Facebook, ha tentato di far chiarezza sulle motivazioni della rinuncia: «Vorrei comunicare che purtroppo non giocherò con la Lazio l’anno prossimo. Dopo l’entusiasmo iniziale che avevo nel ritornare a giocare in serie A, ho dovuto fare i conti con l’organizzazione del tempo per realizzare tutto questo. Con il passare dei giorni e con la mancanza di soluzioni che mi permettessero di allenarmi tutti i 5 giorni e giocare la domenica, ho pensato fosse meglio prendere coscienza e comunicare a chi di dovere, prima che si spendesse un euro per me, prima che si tesserasse l’unica straniera della squadra senza avere la possibilità di sostituirla e prima che si rimanesse, durante l’ano, con una giocatrice in meno. Ho passato 20 anni a giocare a futsal, molti in alta competizione, e questo mi definisce come giocatrice e come persona. Adesso non biasimatemi, ma davanti a un incrocio importante per la mia vita, invece che l’alta competizione della serie A, ho scelto la mia famiglia».

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